SPOLETO – “Il 2 ottobre del 1988 fra me e mio padre ci sono più di novemila chilometri di distanza. E un po’ di quella distanza rimarrà per sempre. Io mi trovo a Spoleto, Umbria, lui a Seul, Corea del Sud. Io nell’Ospedale civile San Matteo degli infermi, lui nel palazzetto dello sport di Jamsil. Io nel reparto maternità, lui in campo. Io con la mamma, lui con la Nazionale sovietica di pallavolo. Io sono alto cinquantacinque centimetri, lui un metro e novantuno. Io peso quattro chili e quattrocento, lui una novantina di chili. Io alle dieci e dieci apro gli occhi al mondo, e intanto lui il mondo se lo gioca nella finale olimpica. È una domenica. Di quel giorno io non ho ricordi, se non per sentito raccontare da mia madre. È una domenica che comincia subito già nella notte di sabato grazie ad una questione di fusi orari: mia mamma è a casa con una coppia di amici e Rina, un’ostetrica, a guardare la finale olimpica alla tv, in diretta. Proprio nel mezzo della notte, e della partita, si vede che anch’io sento la partita e alla mamma scattano le contrazioni. Corsa all’ospedale e, alle dieci e dieci, il mio debutto in società”.

Inizia così il libro autobiografico “Mia” dello “Zar di Spoleto” Ivan Zaytsev, che come tutti sanno è nato all’ospedale San Matteo degli infermi. Il papà  Vjačeslav Zajcev alle fine degli anni ottanta ha vestito la maglia della Olio Venturi Spoleto e si era trasferito in Umbria con la moglie Irina Pozdnjakova campionessa sovietica di nuoto.

Nella carta di identità di Ivan Zaytsev, capitano della nazionale italiana di pallavolo c’è scritto “Nato a Spoleto”, ma queste parole per le generazioni future rischiano di scomparire per sempre, perché la Regione Umbria a causa della pandemia ha trasformato “l’Ospedale civile San Matteo degli infermi” in una struttura Covid, chiudendo tutti i reparti tra cui anche quel punto nascita dove venne alla luce lo Zar di Spoleto.

Ora ad unirsi al coro unanime di tutti i cittadini spoletini, che chiedono di non chiudere proprio il “reparto di maternità” si unisce, direttamente dalla Russia, anche la voce di mamma Irina.

La ex nuotatrice sovietica infatti ieri è stata contattata dalla famiglia Duranti ed è stata informata della chiusura del punto nascita del San Matteo, un luogo che ha segnato un pezzo della storia della sua vita. Irina non ha cancellato il piacevole ricordo di quel 2 ottobre 1988, con un pizzico di nostalgia ha sposato la protesta degli spoletini e chiede anche lei di non chiudere il punto nascita del San Matteo degli Infermi.











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